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Tecniche di conservazione degli alimenti

24/09/2013

Alimenti_conservati_sotto_olio


La conservazione degli alimenti è uno dei processi fondamentali della trasformazione agroalimentare e ha lo scopo di preservare nel tempo la commestibilità e il valore nutritivo di un prodotto agroalimentare, prevenendone le alterazioni accidentali.

Esistono due fondamentali ordini di ragioni per cui i cibi si deteriorano
  • alterazioni di origine biologica, ovvero quelle causate direttamente dagli enzimi presenti nelle cellule dell’alimento, o indirettamente, dagli enzimi appartenenti ai microrganismi che contaminano e che si sviluppano nell’alimento. Questi possono alterare i caratteri organolettici e il valore nutritivo dell’alimento causando putrefazione (a carico di proteine e amminoacidi), inacidimento e irrancidimento dei grassi, fermentazione dei carboidrati oppure compromettere la salubrità dell’alimento generando germi patogeni, muffe e parassiti;
  • alterazioni di origine fisico–chimica dovute a ossigeno, luce e raggi UV (favoriscono l’irrancidimento), calore (disidrata gli alimenti, accelera le reazioni chimiche e la riproduzione dei microrganismi), variazioni del contenuto idrico (una diminuzione causa avvizzimento mentre l’aumento favorisce lo sviluppo di muffe e batteri).
Conservare un alimento significa quindi agire in modo tale da bloccare o ridurre il contatto dei cibi con calore, luce, ossigeno e acqua creando condizioni e ambienti sfavorevoli allo sviluppo dei microrganismi attraverso l’azione su temperatura, umidità e reazioni chimiche dell'ambiente.

La storia della conservazione dei cibi è molto antica; gli uomini primitivi sono stati i primi ad avvertire la necessità di conservare il cibo per diverse ragioni legate a stagionalità, nomadismo, imprevisti ecc. Le prime tecniche, sebbene basate su principi tuttora validi, erano molto rudimentali e ricorrevano all’utilizzo di sale, ghiaccio, spezie, fumo, neve o processi come tostatura ed essiccatura. È solo nel corso dell’800 che un pasticcere francese, Nicolas Appert (da cui il nome della tecnica tuttora adoperata) intuisce l’efficacia della conservazione in vetro e dell’utilizzo del calore per rallentare il processo di deterioramento del cibo. Sarà invece un inglese, Peter Durant, nel corso de medesimo secolo, a introdurre le scatole di latta.

Le principali tecniche di conservazione possono essere suddivise in categorie a seconda del principio che sta alla base della tecnica stessa
 
metodi basati sulla riduzione dell’attività dell’acqua
  • l’essicamento, effettuato attraverso la disidratazione utilizzando il calore naturale o artificiale;
  • liofilizzazione, ottenuta unendo due tecniche di conservazione: congelamento prima ed essiccamento sotto vuoto dopo; i prodotti liofilizzati in commercio sono il caffè, preparati a base di verdura e gli alimenti per l'infanzia
  • salatura (assieme all'affumicamento è uno dei metodi più antichi di conservazione): l'azione del sale disidrata i tessuti cellulari con i quali viene a contatto, creando un ambiente poco adatto alla proliferazione batterica;
  • salamoia: l'alimento da conservare viene immerso in una soluzione di sale, acqua e aromi per un periodo di tempo prestabilito;
  • conservazione con zucchero: la presenza di zucchero in concentrazione tra il 50 e 60% ostacola in maniera determinante lo sviluppo di microrganismi;
metodi basati sull’alterazione della temperatura:
  • utilizzo del calore, ovvero cottura, sterilizzazione (sopra i 100°), trattamento UHT, tyndalizzazione, stassanizzazione e pastorizzazione (sotto i 100°);
  • utilizzo delle basse temperature, ovvero refrigerazione, congelamento e surgelazione;
metodi basati sull’alterazione della composizione dell’atmosfera come il sottovuoto, l’atmosfera protettiva e quella controllata, infine l’uso di olii vegetali;
metodi basati su agenti chimici come ad esempio l’affumicatura, l’aggiunta di alcol e di additivi.
 
La conservazione del cibo non risponde solamente a una esigenza di carattere pratico e di reperibilità di certi cibi durante l’intero corso dell’anno ma è diventata una vera e propria arte a disposizione di chef e massaie che con la loro abilità sanno fare di una conserva (a base di carne, verdura, pesce o frutta che sia) una vera e propria prelibatezza, sfruttando i segreti di tecniche antichissime come quelle dell’essiccamento, dell’affumicatura, della salamoia, del sott’olio ed altri ancora.

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Dieta mediterranea: istruzioni per l'uso

10/06/2013

Dieta mediterranea: istruzioni per l'uso



Il 2 marzo 2013, presso la sala Convegni IRCSS "Saverio De Bellis"di Castellana Grotte, si è tenuto il convegno sulla dieta mediterranea: i legumi dalla terra alla tavola. Uno dei relatori, il Dott. Giovanni Misciagna, Direttore del Laboratorio di Epidemiologia dell’IRCSS, ha esposto una serie di dati derivanti da studi recenti che dimostrano i diversi benefici della dieta mediterranea, ampiamente noti, ma anche alcuni aspetti che meritano un’attenzione particolare e che riguardano il modo corretto di alimentarsi secondo i dettami del regime mediterraneo.

La dieta mediterranea ha origini antichissime e rappresenta il regime alimentare prelevante per molti dei paesi che si affacciano sul Mare Nostrum. In particolare alcune delle sue versioni più autentiche sono attribuite a località molto precise come Nicotera (in provincia di Catanzaro) e Eraclion e Castelli (Grecia). Un noto epidemiologo e nutrizionista statunitense, Ancel Keys, è riuscito a dimostrare, attraverso diversi suoi studi ed esperimenti, quella che è la caratteristica essenziale della dieta mediterranea, riconosciuta ovunque nel mondo: la sua efficacia nell’essere estremamente protettiva rispetto al rischio di malattie cardiovascolari.  

I componenti fondamentali della dieta mediterranea sono: la verdura (possibilmente a chilometro zero e da consumare a volontà), i legumi (da assumere 3/4 volte a settimana), l’olio extra vergine di oliva (premuto a freddo), pasta da farine integrali (1 o 2 volte a settimana) e pane (tutti i giorni), formaggi (da animali da pascolo) e uova (massimo 1 al giorno), vino in quantità moderata e frutta di stagione (da consumare come dessert ai pasti o come snack). Si nota immediatamente che non è sufficiente il consumo di determinati alimenti per potere affermare di seguire un regime alimentare mediterraneo e per poterne trarre i benefici. È necessario che ognuno dei componenti abbia anche le caratteristiche qualitative e nutrizionali sopra elencate.

Per dare un riferimento concreto di quanto la dieta mediterranea venga seguita, meno di quanto si crede basta pensare che bisognerebbe consumare circa 60g di legumi a testa al giorno; in realtà noi italiani ne consumiamo solo 10g! Forse non tutti sanno che i legumi sono ricchi di proteine, amminoacidi, lipidi insaturi, glucidi e fibre. In altre parole sono un vero e proprio concentrato di energia e fattori nutrizionali essenziali per il nostro organismo e, al tempo stesso, sani.

Per esemplificare il corretto approccio alla dieta mediterranea viene spesso  adoperato l’espediente grafico della “piramide” per rappresentare l’ordine di priorità e quantità di ognuno dei componenti sopra citati. In altre parole alla base della piramide vengono raffigurati gli alimenti che vanno consumati con maggiore frequenza e/o in maggiori quantità mentre al vertice si trovano quelli il cui consumo va ridotto al minimo o addirittura azzerato. Un’associazione americana che si occupa di studiare la dieta mediterranea ha pubblicato, circa 10 anni fa, un versione della piramide alimentare che poneva alla base pane, pasta e riso integrali seguiti da verdura, legumi e frutta; olio, formaggi e yogurt occupavano le sezioni centrali mentre carne rossa e dolci rappresentavano il vertice. In  un versione successiva i due gradini alla base si sono fusi indicando nel consumo congiunto di verdure, legumi, frutta e pasta e pane da farine integrali la base fondamentale e insostituibile della dieta mediterranea.
È curioso poi notare che queste due piramidi poggiano su vere e proprie fondamenta che sono l’attività fisica (nella prima versione) e la vita sociale (nella seconda versione), ad indicare l’importanza degli aspetti non strettamente alimentari per potere condurre una vita sana.

Riassumendo, si può affermare che sia studi osservazionali che sperimentali concordano nel mostrare gli ampi e sorprendenti effetti benefici della dieta mediterranea come, ad esempio, la riduzione dei problemi di obesità nella popolazione (perdita di massa grassa e conservazione della massa magra) e quindi, di conseguenza, del rischio di malattie cardiovascolari (in particolare di infarto del miocardio)  neurodegenerative e tumorali. Questo produce evidentemente una riduzione sensibile del tasso di mortalità della popolazione. È vero anche però che la dieta mediterranea ha diverse varianti e soprattutto regole ben precise da seguire: non sono sufficienti determinati componenti tipici di questo regime ma sono necessarie anche diverse e specifiche caratteristiche qualitative degli stessi, oltre a un’osservazione attenta delle quantità.

Inoltre non bisogna dimenticare che la dieta mediterranea rappresenta un fattore importante non solo per la salute ma anche per l’economia di determinate regioni come la nostra ad esempio, la Puglia. È un tratto distintivo della nostra identità meridionale e può costituire un elemento decisivo per la promozione e lo sviluppo del territorio nonché del turismo.

 


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I legumi: aspetti salutistici e terapeutici

06/05/2013

i legumi:aspetti salutistici e terapeutici

Il 2 marzo 2013, presso la sala Convegni IRCSS "Saverio De Bellis"di Castellana Grotte, si è tenuto il convegno sulla dieta mediterranea: i legumi dalla terra alla tavola. Una delle relatrici, la Dott.ssa Laura dell'Erba, specialista in endocrinologia e medicina nucleare, ha esposto una serie di dati derivanti da studi recenti che dimostrano i diversi benefici dei legumi.

I legumi rappresentano un cibo di origine vegetale ricco di proteine. In una dieta sana almeno il 50% delle proteine dovrebbe essere di origine vegetale, questo per diverse ragioni: sono più facili da smaltire, non contengono grassi saturi e colesterolo, sono più economiche e, infine, sono anche più ecologiche (la produzione di 100g di proteine vegetali consuma solamente 1/6 del terreno utilizzato per produrre lo stesso quantitativo di proteine animali).

Dal punto di vista nutrizionale praticamente tutti i legumi hanno proprietà molto simili: sono ricchi di carboidrati, fibre e proteine, sono poveri di grassi, sono adatti alla dieta dei celiaci e sono ricchi di sali minerali e vitamine del gruppo B e C (solo se freschi). Inoltre va ricordato che l’apporto calorico dei legumi freschi è molto ridotto rispetto a quelli secchi in virtù dell’abbondante presenza di acqua nei primi.

I legumi contengono poi una serie di macro e micro nutrienti non tanto essenziali per la sopravvivenza quanto per la modulazione del normale metabolismo. Le fibre in particolare favoriscono il transito del bolo, la salute della flora batterica “amica” presente nell’intestino e l’assorbimento di calcio e magnesio. Le fibre solubili nella fattispecie migliorano la tolleranza al glucosio, evitando quindi i picchi glicemici e riducono l’assorbimento di grassi saturi e colesterolo. Più in generale chi consuma legumi in grande quantità tiene sotto controllo peso corporeo, pressione e accumulo di grasso addominale. Tutto questo contribuisce alla riduzione del rischio di ipertensione e patologie cardiovascolari.

Oltre alle proteine e alle fibre che abbiamo sopra considerato, i legumi sono ricchi di altri importanti nutrienti capaci di proteggere dalle malattie cardiovascolari: isoflavonoidi, acido folico, acido oleico, fosfolipidi e magnesio.

I legumi hanno nel tempo dimostrato, grazie agli studi di tanti ricercatori e importanti università nel mondo, incredibili proprietà terapeutiche. Le fave, ad esempio, sono ricche di levodopa, utilizzata nel trattamento dei pazienti affetti dal morbo di Parkinson. La prevenzione del morbo prima citato sarebbe peraltro favorita  anche dalla niacina, una sostanza di cui sono ricchi gli arachidi. I piselli invece contengono una sostanza in grado di favorire la guarigione delle ferite (è in fase sperimentale una crema gel ricavata da questo “miracoloso” legume).

Esiste poi un filone di studi che ha approfondito le proprietà dei legumi come antitumorali naturali. Ad esempio la soia sembrerebbe contribuire alla minore incidenza di tumore al seno (e osteoporosi) nelle donne orientali rispetto alle occidentali. Gli arachidi invece parrebbero capaci di ridurre l’insorgenza del cancro al colon così come anche le fave australiane (efficaci anche per i tumori a vescica, stomaco e fegato).

Uno studio inglese del 2005 (guidato da un ricercatore italiano) ha individuato in legumi, cereali e noci un composto antitumorale capace di inibire un enzima chiave nella proliferazione dei tumori umani.

C’è infine il caso curioso di un paesino in Ciociaria, Campodimele, che è il più longevo in Italia e che è stato oggetto di uno studio da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. La longevità sarebbe legata a un gene mutato che induce l’eliminazione del grasso; sicuramente sappiamo che la dieta degli abitanti di questo paese è storicamente basata su un consumo abbondante di legumi. È ancora tutto da dimostrare ma la relazione potrebbe non essere casuale. In sintesi i legumi sono ricchi di proteine, fibre, sali minerali e vitamine a fronte di un ridotto contenuto di calorie. A meno di casi di intolleranza i legumi sono assolutamente e indiscutibilmente salutari per tutti (in particolare per gli anemici, gli sportivi, i convalescenti e gli affaticati) poiché contribuiscono, come visto sinora, alla prevenzione e alla riduzione dell’incidenza delle due maggiori cause di morte nel mondo occidentale, ovvero patologie cardiovascolari e tumori.  

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